
Confesso che sono rimasta stupita da questo Kaurismaki attuale, perché dopo aver visto La Fiammiferaia (1989) e le Luci della Sera (2006) ho avuto l'anima stretta in una morsa per giorni, tanta era l'indifferenza e il freddo glaciale che tali pellicole lasciavano. Meravigliosi quanto agghiaccianti anche i film appena citati che raccontano di una solitudine isolata e silenziosa, in cui la recitazione ricorda gli ultimi film di Bresson. Da queste premesse, dunque, non avrei creduto che nel mondo del regista finlandese ci fosse spazio per la speranza. E' vero anche che Vita da Bohème del 1992, di cui questo film appare esserne un continuo, già esplorava il mondo della povertà e dei buoni sentimenti anche se in chiave più realista.
Qui siamo a Le Havre, cittadina francese dell'Alta Normandia situata sulla riva destra dell'estuario della Senna, è considerato uno dei maggiori porti adibito al trasporto merci dell'intera Europa. Marcel Marx (André Wilms) è un lustrascarpe per passione e per senso d'umiltà, perché questo è uno di quei lavori che, come riferisce lo stesso protagonista, ti avvicina maggiormente al popolo e che, insieme al mestiere del pastore sono gli unici che rispettano i precetti del Discorso della Montagna, probabilmente riferito al messaggio in cui Gesù predica di amare i propri nemici e che solo i sofferenti e i poveri raggiungeranno la salvezza e il regno di Dio. Ex clochard o senzatetto Marcel, dunque, si divide tra la moglie Arletty (Kati Outinen), il cane Laika e i bar. Un giorno si imbatte nel giovane Idrissa (Blondin Miguel), immigrato clandestino approdato per errore in quelle rive e sfuggito ai poliziotti.
Qui siamo a Le Havre, cittadina francese dell'Alta Normandia situata sulla riva destra dell'estuario della Senna, è considerato uno dei maggiori porti adibito al trasporto merci dell'intera Europa. Marcel Marx (André Wilms) è un lustrascarpe per passione e per senso d'umiltà, perché questo è uno di quei lavori che, come riferisce lo stesso protagonista, ti avvicina maggiormente al popolo e che, insieme al mestiere del pastore sono gli unici che rispettano i precetti del Discorso della Montagna, probabilmente riferito al messaggio in cui Gesù predica di amare i propri nemici e che solo i sofferenti e i poveri raggiungeranno la salvezza e il regno di Dio. Ex clochard o senzatetto Marcel, dunque, si divide tra la moglie Arletty (Kati Outinen), il cane Laika e i bar. Un giorno si imbatte nel giovane Idrissa (Blondin Miguel), immigrato clandestino approdato per errore in quelle rive e sfuggito ai poliziotti.
Kaurismaki ci racconta la difficile situazione degli immigrati e della gente povera economicamente ma ricca di cuore e bontà, tutto è esattamente come la sua regia, minimalista e con una sceneggiatura estremamente accurata, mai inutile o banale. Pochi i dettagli, ma essenziali a partire dalle rose, all'ananas, agli utensili del lustrascarpe, alle caramelle, ai giradischi, alle radio e alla musica dal vivo (un fenomenale Little Bob!), al cameo di Jean-Pierre Léaud, al libro dei racconti di Kafka e al quadro che ritrae una finestra aperta da cui si vede una casa sommersa dall'acqua...la tua casa sei tu stesso.
Il tema dell'immigrazione è sempre difficile da trattare a causa del senso morale, politico, sociale e di cosa sia giusto e sbagliato, ma qui Kaurismaki l'affronta da un'altra angolazione con profondi rispetto, umanità, solidarietà ed altruismo e anche con un'intelligente ironia, in questo miracolo tutti cooperano, tutti si aiutano a vicenda unendo le forze. Impossibile direte voi, invece ci vogliamo credere e vogliamo poter immaginare un mondo così.
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