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martedì 18 marzo 2014

"The Addiction" - di Abel Ferrara

"Affrontare ciò che siamo veramente; ci esponiamo alla luce e la nostra vera natura viene rivelata, l'autoconoscenza è l'autodistruzione del Sé"



New York 1994, Kathleen Conklin (Lili Taylor) è una laureanda in filosofia, una notte, tornando a casa dalla sua ultima lezione, viene condotta in un vicolo da una donna-vampiro (Annabella Sciorra) dalla quale viene morsa e contagiata. Da questo momento per Kathleen  la brama e la ricerca insaziabile di sangue diventano il solo scopo della sua esistenza, spingendola a mietere e a contagiare vittime a sua volta. Il "vampirismo" è, tuttavia, una metafora della dipendenza stessa o addiction, è un pretesto che il regista utilizza per affrontare e trattare un argomento molto più spinoso e arduo. 

Di fatto, questo film di Abel Ferrara non è semplicemente un horror quanto un vero e proprio trattato filosofico di stampo esistenzialista/nichilista che si interroga sulla natura del male. Mediante citazioni di filosofi come Kirkegaard e Nietzsche, il regista affronta il difficile dilemma sulla malvagità innata dell'essere umano. L'uomo è profondamente, istintivamente e inevitabilmente malvagio, in lui il Male assume la forma di una droga che ne è causa e conseguenza della dipendenza stessa dal male. Questa è per il regista l'unica spiegazione plausibile per poter comprendere gli orrori commessi dall'uomo verso i suoi stessi simili attraverso gli innumerevoli genocidi che da sempre hanno attraversato la storia del genere umano. Il film mostra le immagini terrifiche dell'Olocausto, ma sappiamo bene che è stato solo uno dei tanti massacri, basti pensare ai primi genocidi a noi storicamente pervenuti di estinzione di intere popolazioni come i Maya, ma anche lo sterminio commesso dagli inglesi nei confronti dei nativi americani, quelli dell'Unione Sovietica ad opera degli stalinisti sulla media borghesia dei kulaki, oppure al genocidio africano avvenuto in Ruanda proprio nel 1994. Parole come carestia, esecuzione, malattia, deportazione, stupro pianificato sono in sintesi la genesi di ogni male. 
Per Kathleen il vecchio adagio secondo cui coloro che non imparano dalla storia sono costretti a riviverla, è sostanzialmente falso, in realtà, "la storia non esiste, tutto ciò che siamo è eternamente con noi."  Non c'è apprendimento dall'esperienza, la condanna è di un "eterno ritorno", di una dannazione eterna per così dire. La dipendenza del singolo individuo è pertanto l'espressione più vivida e potente del male che tende a propagarsi e ad estendersi come un contagio, come un cancro all'intero genere umano. "La prima (vittima) è la più difficile, poi, superata quella l'una vale l'altra".

Ma allora "che cosa potrà salvarci dalla nostra propensione a propagare il male in cerchi sempre più ampi?" Penia (Christoper Walken), vampiro votato all'astinenza e alla meditazione, ci fa sapere che è solo attraverso la volontà e l'annullamento stesso del desiderio che si può in qualche modo impedire l'estendersi della macchia nera dell'orrore. 
Il concetto ricalca quello di "volontà di potenza" descritto da Nietzsche, secondo cui la volontà è un qualcosa che deve trascendere se stessa attraverso un processo continuo di rinnovamento. Anche la filosofia buddhista ha da sempre cercato di insegnare ad abbandonare ogni risultato raggiunto per passare subito dopo ad un altro stadio di conoscenza; la creazione risiede proprio nel cambiamento e nel rinnovamento. Il raggiungimento di un desiderio deve portare all'abbandono dello stesso per poter passare oltre. Secondo i monaci buddhisti, infatti, è nel desiderio e nella bramosia la causa prima di ogni male, dolore e sofferenza umane, pertanto l'annullamento di questi diviene una liberazione dalla schiavitù a cui siamo condannati per scelta. Il concetto di avere scelta è un altro argomento che peraltro il regista affronta in maniera pregnante, è soprattutto il contesto che permette allo spettatore di farsi un'idea intrinseca di ciò che lo stesso Ferrara considera come libero arbitrio. Nell'addiction l'individuo non ha potere di scelta resta in balia di impulsi primordiali e innati, tuttavia è il controllo di queste pulsioni che permette all'individuo di non lasciarsi sopraffare da queste, tale controllo nasce pertanto dall'assunzione delle proprie responsabilità, mentre nella dipendenza l'uomo si deresponsabilizza di fronte alle conseguenze delle proprie azioni. In definitiva, il messaggio che il film tenta di far passare all'interno di un quadro fortemente negativistico è che l'uomo non solo ha la possibilità di scegliere ma è sua totale responsabilità poter scegliere rispetto alle proprie azioni, la dipendenza può essere combattuta con la volontà di potenza.


Anche Lars von Trier nel suo Antichrist (nome che, peraltro, riprende una delle opere più famose di Nietzsche) del 2009, ha tentato di esplorare la malvagità umana che si è riversata per secoli anche sulle donne, condannate dalla religione cattolica al peccato originale, ad essere considerate come strumento del Diavolo e pertanto perseguitate e uccise. Il parallelismo tra i due film mi è stato suggerito anche dal fatto che entrambe le protagoniste stanno svolgendo la tesi di laurea:  l'una relativamente all'impulso del male e l'altra, in Antichrist (Charlotte Gainsbourg), sul genocidio di molte donne durante la caccia alle streghe avvenuta intorno al periodo storico dell'Umanesimo e del Rinascimento. Comunque, questa è un'altra storia...

Abel Ferrara dunque esplora un mondo, quello della malvagità fine a se stessa, e lo fa in maniera superba anche mediante l'uso voluto di un bianco e nero fortemente espressionista ricalcando un effetto noir di altri tempi. Pellicola quanto mai controversa quella del regista statunitense, tuttavia, è a mio avviso largamente sottovalutata forse anche perché non ben compresa.

Curiosità: La protagonista Lili Taylor è la Lisa della fenomenale serie televisiva di Six Feet Under ideata da quel genio di Alan Ball (sceneggiatore di American Beauty), di cui sicuramente non mancherò di parlare...

"Scorrono le immagini dell'Olocausto. Kathleen pensa: Finalmente ho capito cosa c'è dietro tutto questo, cos'è stato a renderlo possibile, adesso capisco Signore la mostruosità che c'è dentro di noi... La nostra droga è il male, la nostra propensione al male risiede nella nostra debolezza. Kirkegaard aveva ragione: c'è un enorme precipizio di fronte a noi, ma si sbagliava riguardo al salto, c'è differenza tra saltare ed essere spinti. Si arriva al punto in cui si deve fare i conti con i propri bisogni, l'incapacità di gestire fino in fondo la situazione crea un'insopportabile ansia... "



4 commenti:

  1. Non senza vergogna, mi trovo ad ammettere di aver perso questo "Addiction".... d'altra parte Abel Ferrara rappresenta per me un piccolo record: era suo il film che veniva proiettato quell'unica volta nella mia vita che ho abbandonato il cinema a metà proiezione....

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    1. Ho visto solo questo film di Ferrara su consiglio di un amico, non lo conoscevo prima come regista. Ma Addiction mi è rimasto fortemente impresso. Ti ricordi per caso qual'era il titolo del film che ti ha fatto uscire dal cinema?

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    2. Come potrei dimenticarlo? Trattasi di "New Rose Hotel". Da evitare come la peste. Ma d'altra parte un po' è anche colpa mia.. avrei dovuto capirlo subito, vista la presenza di Asia Argento nel ruolo di.. indovina un po'... una prostituta

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    3. Eh sì! in effetti era già tutto un programma... Asia o fa la drogata oppure la prostituta c'è poco da fare. Allora lo aggiungo subito sulla lista dei film da "evitare come la peste" :)

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